Effe Minelli
Di Dissidenti, Esautorati e Bohémien
03/02/25 - 31/03/25
via Posillipo 23, Naples
ENG
Two human half-figures dressed in drapes of hardened fabric hold looping gypsum vines that define silhouettes in space; a revolving fringed helix hangs diagonally from the ceiling in a frozen state; an inverted flagpole surmounted by a heart is precariously held up by knotted plaster braids. For his exhibition at Zaza’ in Naples, the artist Effe Minelli presents a new body of sculptures made from plaster, found (plastic, textile, and metal) objects, and porcelain. Among the largest ever attempted in his career, these works stand as high points in the artist’s formal and technical exploration, bringing together the diverse sculpting techniques and vocabularies he has practiced over the years while also exploring new avenues of research and visual experimentation.
Their subject matter derives from a broader inquiry into the role culture plays (or fails to play) as an agent of social change. Based in the periphery of Naples— it itself a periphery of Europe— Effe Minelli lives and works in a marginalized context where culture (if considered at all) is at best equated with tourism, and at worst, regarded as mere leisure. The artist rejects this state of affairs by looking back to a moment in local history when artists and intellectuals were at the forefront of social reform. Indeed, the two half-figures present in the show are tributes to Luisa Sanfelice and Eleonora Fonseca Pimentel, female martyrs of the Neapolitan revolution of 1799— a failed attempt to transform Naples from a repressive Bourbon kingdom into an Enlightened republic. After a brief period of success, the revolution was crushed, the Crown reinstated, and vast segments of the population, including intellectuals who championed the regime change, were executed by mass beheading.
In Naples, plaster and porcelain are symbolically charged materials. They are historically linked to the city’s ‘golden age’ and evoke the Bourbon monarchy’s unmatched success in the realm of artistic patronage. Through his porcelain and plaster assemblages, the artist critically recalls this distant past, when Naples was one of Europe’s intellectual capitals, while the other found materials he uses reflect the economic decay of a city suffering in a stagnant economy.
Effe Minelli’s sculptural work merges the repertoire of public sculpture, theatrical props, and decorative arts, often subverting the techniques traditionally used in each: glazed porcelain biscuit for performance props, plaster and plastic for large-scale figurative sculpture, unglazed porcelain biscuit and clay for plates and vases (which makes them often unusable). Similarly, the thematic registers of classical sculpture are systematically disrupted by the artist in a desperate quest for representing the present. In his exhibition, the idealized bodies of Greco-Roman busts, as well as their early modern derivatives, are displaced by mannequins found in dumpyards on the city’s outer fringes. Dressed in rags, the mannequins do not hold scepters or royal insignia but instead carry flags and hearts—symbols of activism and care.
The exhibition unfolds across two spaces. Four works are displayed in the gallery space, while three are installed in a tufa stone vault accessed through the rear of the building by a sixteenth-century church-turned-crypt of a later monastery. This dual location echoes the duality of Effe Minelli’s practice, in which the production of a contemporary imaginary is constantly haunted by a necrophiliac preservation of the past.
ITA
Due mezze figure umane vestite con drappeggi di tessuto indurito reggono corde di gesso che definiscono silhouette nello spazio; una spirale frangiata in rotazione pende diagonalmente dal soffitto in uno stato di immobilità; una bandiera rovesciata, sormontata da un cuore, è precariamente sostenuta da trecce di gesso annodate. Per la sua mostra a Zaza’, Napoli l’artista Effe Minelli presenta un nuovo ciclo di sculture realizzate in gesso, oggetti trovati (di plastica, tessuto e metallo) e porcellana. Tra le opere più grandi mai realizzate nel corso della sua carriera, questi lavori rappresentano il punto culminante nell’esplorazione formale e tecnica dell’artista, che unisce le diverse tecniche e vocabolari scultorei che ha praticato nel tempo, esplorando, allo stesso tempo, nuove direzioni di ricerca e sperimentazione visiva.
Il loro tema deriva da un’indagine più ampia sul ruolo che la cultura gioca (o non gioca) come agente di cambiamento sociale. Basato nella periferia di Napoli, essa stessa periferia dell’Europa, Effe Minelli vive e lavora in un contesto marginalizzato dove la cultura (se presa in considerazione) è al massimo equiparata al turismo e al peggio ridotta a mera svago. L’artista rifiuta questo stato di cose guardando a un momento della storia locale in cui artisti e intellettuali furono in prima linea nella riforma sociale. Infatti, le due mezze figure presenti nella mostra sono tributi a Luisa Sanfelice ed Eleonora Fonseca Pimentel, martiri femminili della rivoluzione napoletana del 1799—un tentativo fallito di trasformare Napoli da un regno borbonico repressivo a una repubblica illuminata. Dopo un breve periodo di successo, la rivoluzione fu soppressa, la Corona restaurata e vasti segmenti della popolazione, compresi quegli intellettuali che avevano sostenuto il cambiamento di regime, furono decapitati in massa.
A Napoli, il gesso e la porcellana sono materiali significativi dal punto di vista simbolico. Sono storicamente legati all’“età d’oro” della città e evocano il successo senza pari della monarchia borbonica nel campo del patrocinio artistico. Con le sue assemblage di porcellana e gesso, l’artista richiama con sguardo critico questo passato lontano, quando Napoli era una delle capitali intellettuali d’Europa, mentre gli altri materiali di recupero che utilizza riflettono il decadimento economico di una città che vive in un’economia stagnante.
Il lavoro scultoreo di Effe Minelli fonde il repertorio della scultura pubblica, dei costumi teatrali e delle arti decorative, sovvertendo spesso le tecniche tradizionalmente utilizzate in ciascuno di questi ambiti: bisquit di porcellana smaltata per oggetti di scena, gesso e plastica per sculture figurative di grandi dimensioni, bisquit di porcellana non smaltato e argilla per piatti e vasi (rendendoli spesso inutilizzabili). Allo stesso modo, i registri tematici della scultura classica sono sistematicamente sconvolti dall’artista in una disperata ricerca volta alla rappresentazione del presente. Nella sua mostra, i corpi idealizzati dei busti greco-romani, così come i loro derivati sette- e ottocenteschi, sono sostituiti da manichini trovati nei cumuli di rifiuti nelle periferie della città. Vestiti con stracci, i manichini non reggono scettri o simboli regali, ma bandiere e cuori—simboli di attivismo e cura.
La mostra si sviluppa in due spazi distinti. Quattro opere sono esposte nello spazio della galleria, mentre tre sono installate in una volta di tufo, accessibile attraverso la parte posteriore dell’edificio da una chiesa cinquecentesca trasformata in cripta di un monastero successivo. Questa doppia sede evoca la dualità della pratica di Effe Minelli, in cui la produzione di un immaginario contemporaneo è costantemente perseguitata da una conservazione necrofilica del passato.